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Felicit nuda

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Dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 26 agosto 1789: ...affinché le proteste dei cittadini, d’ora innanzi fondate su principi semplici ed incontestabili, portino sempre al mantenimento della Costituzione ed alla felicità di tutti. Come possiamo vedere la ricerca della felicità è un elemento intangibile e costante dell’animo umano, tanto che dopo la Rivoluzione Francese si ritenne necessario sancirla a livello costituzionale. Scendendo dalle spire della Storia giù giù alle storie quotidiane di ricerca e, laddove possibile, mantenimento, della felicità, incontriamo questo romanzo di Maria Cristina Petrucci in cui seguiamo la ricerca, ostinata, caparbia, di Virginia verso quella che è la felicità per lei auspicabile. Una felicità quasi araba fenice, inafferrabile, sfuggente, poi docile e casalinga sino a bruciare del suo stesso fuoco, per poi dalle ceneri rinascere, per restare, o per spiccare di nuovo il volo, lasciando le palme della protagonista impolverate e grigiastre, ed il cuore lacero ed ammaccato, ma indomito ed ancor più caparbio nell’ostinata ricerca. La storia si dipana dall’infanzia sino alla maturità della ragazza attraverso momenti di gioia cristallina o di cupa amarezza, tra ferite e rinascite, cadute e voli pindarici. Si direbbe che la frase che fu storica negli anni 90, cioè bisogna essere fedeli a sé stessi, rimasta più aforisma dai risvolti incomprensibili nella maggioranza dei casi in cui venne utilizzato, qua, proprio perché mai appare, sembrerebbe brillare di nuovo lustro; Virginia mai demorde e mai volta le spalle alla sua profonda essenza, sembrerebbe davvero attaccata alla sua vita ed al suo modo di essere, anche laddove questi portano ad un distacco dalla agognata mèta. Ma se la vita di Virginia appare composta di pienezze è poi nei distacchi e nelle mancanze che trae la sua linfa ed essenza vitale. Da uno “svuotamento” della sua vita Virginia appare assai profondamente cambiata, al punto che la luce di cui brilla appare spenta, sembra che la svolta impostale da una amara esperienza finisca per dare il ritmo alle esistenze, alle Virginie future. Il nome dell’amato cambia ma l’essenza ricercata è sempre la stessa,  entità, direi, capace di fare pieno quel vuoto improvvisamente spalancato nella vita della giovane. Il vuoto è assenza, mancanza, ma ha anche voce, chiama, urla, si fa sentire per assenza, ed ecco il vuoto che viene rievocato in ogni nuova relazione, la felicità si compone di vuoti sovrapposti, incapaci di dare quella risposta che venne a mancare e tanto ferì la ragazza. Ed ecco Virginia baloccarsi in relazioni, fino al momento di formulare quella domanda che resta senza risposta, evocatrice di quel vuoto d’assenza iniziale. Se fosse possibile etichettare, cristallizzare una istantanea dal romanzo si potrebbe dire di essere dentro un libro di pieni e vuoti; vuoti che si travasano in pienezze per dare loro quell’idealizzazione che è l’agognato desiderio della protagonista.

 

La felicità della giovane, che impariamo ad amare quasi come una amica di infanzia, passa, lungo le pagine del libro, attraverso disgrazie, tradimenti, perdite di passione, brillando, meteora, nei cieli della vita anche di chi le sta intorno, mostrandoci altri momenti, sino a far diventare il libro una sorta di romanzo generazionale, in cui Virginia ed i suoi amici crescono, si fanno adulti, si legano e slegano tra loro, in una società in continuo fermento. Il romanzo, attraverso Virginia, ci mostra altre vite, quasi trasfigurando la protagonista in essenza stessa della gioventù del nostro tempo, alle prese con i mutamenti anche nell’intendere l’ancestrale rapporto fra i due sessi. Il romanzo scorre spigliato e veloce, talvolta assottigliandosi a pura cronaca, talaltra diventando indagatore dell’animo e fine conoscitore delle psicologie. Mi è sembrato che i nomi e i soprannomi dei personaggi a tratti disorientino un poco, anche perché spesso le scene si schiudono d’improvviso agli occhi del lettore, già animate e in pieno fermento. Il romanzo appare assai dinamico, ed in dinamismo si legge, complice un linguaggio semplice e diretto, talvolta familiare; a tratti evoca sorrisi per i semplici consigli di cucina, e per l'appassionarsi del lettore alla vita irruenta della simpatica Virginia.   

 

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